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Maratòn De Valencia 2022: un día para recordar!

20/02/2023

Eccomi qua, Sonia, 41 anni di leggerezza, di cui gli ultimi 3 e mezzo passati a sgambettare in giro, tra strada, pista e terra.
Fino a poco tempo fa lo sport era la cosa più distante da me, non mi ero mai appassionata allo sforzo fisico, anzi, coltivavo una metodica venerazione per la pigrizia.
Poi ad un certo punto decisi che era ora di mettermi in forma: ero rimasta affascinata dalle imprese del mio amico Nicola, che aveva trovato un avvincente trasporto per la corsa e nell’arco di qualche anno era arrivato a partecipare alla leggendaria maratona di New York.
Nicola mi diede un ottimo consiglio: “Sai che a Caracalla c’è una squadra che fa allenamenti di gruppo? Potresti cominciare da lì. Si chiama Runner Trainer.”


Da quel momento l’appuntamento in pista con la squadra era diventato per me irrinunciabile: faticavo, sì, ed ero sempre l’ultima a finire gli esercizi, ma lo stare insieme aveva reso quella fatica una gioia, nonostante i coach ci torturassero con ripetute, affondi e squat.
Inoltre, grazie a tutti quegli esercizi, avevo reimparato a muovere le gambe, proprio io che da piccola portavo le scarpe ortopediche a causa delle mie ginocchia storte!
Così il mio viaggio nella corsa cominciò con una nuova luce… che si spense subito a causa del Covid.
Negli anni in cui erano state bandite tutte le gare cercai di mantenere una costanza di allenamento anche in solitaria, ma senza il confronto con la competizione non riuscivo a rendermi conto delle mie capacità.
Come se non bastasse, in un breve momento di quiete pandemica, fui io a star male e a dover rinunciare alla mia prima mezza maratona, la Roma-Ostia.
Ma appena le gare tornarono a svolgersi regolarmente, di slancio mi dissi: “Sonia, tu non ti iscriverai solo alla Roma-Ostia, tu… farai la maratona!”


E a marzo 2022 ho affrontato la mia prima maratona proprio a Roma, la città dove sono nata.
Ma non è questo ciò di cui voglio raccontare ora. Quella di cui sto scrivendo oggi è una storia incredibile, inimmaginabile, la storia della mia seconda maratona, andata oltre ogni previsione: Valencia 2022.


Probabilmente come avviene nel parto, i dolori della fatica nel percorrere 42 km si dimenticano in fretta e così, con un’irrefrenabile voglia di fare di più, decisi subito dopo Roma di iscrivermi alla maratona di Valencia del successivo dicembre, insieme proprio al mio amico Nicola: il coronamento di un percorso nato grazie a lui.
Il periodo temporale mi sembrava perfetto per allenarmi, abbastanza lontano dalle vacanze estive; la location era altrettanto invitante: percorso piatto, veloce, temperature ideali.
Rimaneva da stabilire quale fosse il mio tempo target: a Roma avevo impiegato 3 ore e 42 minuti, ma senza averlo programmato davvero, mi ero soltanto messa con testardaggine a seguire i cosiddetti pacer, coloro che ti accompagnano al traguardo ad un tempo stabilito, scegliendo quelli delle 3 ore e 40, tanto per vedere cosa sarebbe successo: “Brava Sonia, improvvisa la tua prima maratona, ma che ti dice la testa?”
Eppure… ero sopravvissuta! E finalmente avevo realizzato cosa ero in grado di fare.


Così per Valencia avevo deciso di provare a seguire un vero allenamento mirato al cronometro, con l’idea di migliorarmi di qualche minuto… anche se con molta prudenza, visto che di nuovo, ad ottobre, avevo dovuto rinunciare a mettere le scarpe da corsa per un po’, a causa di problemi di salute.
Alla fine avevo decretato che il tempo di 3 ore e 35 minuti poteva essere un obiettivo raggiungibile, ma… esistevano mai dei pacer per quel minutaggio??!! Assolutamente no!
Dunque, visto che mi ero abituata a seguire qualcuno in gara, avevo il terrore folle di trovarmi a fare tutto da sola e in terra straniera per giunta! Come rimediare?
Poi, all’improvviso mi risuonò in testa la voce di Cristina D’Avena, direttamente dagli anni ‘80:

Lo strano braccialetto
che indossa sempre Mei
è il dono di un folletto
che è sempre accanto a lei…

Il braccialetto era la soluzione, per trasformarmi da “tapasciona” a top runner!
Li avevo visti indosso ai pacer: pezzi di carta avvolti al polso con su scritto tutti gli intertempi, chilometro per chilometro.
Con dovizia di particolari, creai il mio bracciale, lo stampai e lo rivestii di scotch per renderlo impermeabile al sudore.
Ora ero pronta per affrontare l’imprevedibile: settimana di scarico, biglietto d’aereo in tasca e via, verso nuove e meravigliose avventure, col cuore in gola e, stavolta, col peso sul piede davanti.


Quella domenica mattina di dicembre sorprendentemente il sole non era ancora sorto.
Eppure, al buio, piccoli gruppi di persone avvolte in buste di plastica cominciavano già a popolare le strade valenciane. Ridicoli. Ed io con loro, mentre mi avvicinavo agli audaci edifici futuristici della Ciudad de las Artes y las Ciencias.
Nel momento in cui arrivai sopra il ponte di partenza, la luce cominciò timidamente a farsi strada tra le nubi, esplodendo in un’alba dirompente e bagnando di colore migliaia di corridori, tutti con lo stesso pensiero, lo stesso desiderio folle di essere qualcosa di diverso, qualcosa di eroico per un giorno, un giorno soltanto… we can be heroes just for one day

BANG!

Ormai ho capito che in gara, dopo lo sparo, una parte altamente razionale di me prende il sopravvento e il corpo la segue senza chiedersi niente, cercando di fare tutto quello che c’è da fare. La testa comanda, il corpo esegue. Il cuore… esplode di gioia!
E a Valencia ce n’erano di motivi per farsi trascinare dalla felicità.

Era la mia prima esperienza internazionale e subito avevo notato l’incredibile calore, l’entusiasmo che mi circondava, sia da parte dei compagni di viaggio, che da parte della gente fuori: un pubblico numeroso e variopinto, chi mascherato, chi con uno strumento in mano, chi con uno striscione, non c’era un solo centimetro di strada senza qualcuno da fuori che incitava gli atleti chiamandoli per nome, “¡Vamos Sonia!”.
Una cosa del genere non l’avevo mai vista: volevo salutare tutti, toccare i vari cartelli e ringraziare ogni persona per l’energia trasmessa, ma così facendo avrei sprecato forze preziose, meglio conservarle.
E allora concentrazione: decorata al braccio con una fascia densa di indicazioni, procedevo saltellando e verificando il passo, forse un po’ troppo allegro per i miei programmi, ma il mio corpo non sembrava avere alcuna intenzione di rallentare.
Ad ogni bandierina contachilometro facevo il confronto tra l’orologio e i tempi scritti sul bracciale: ero sempre in anticipo!
Questo mi dava ancora più energia, ma al tempo stesso mi preoccupava: “alla maratona va portato rispetto”, l’imprevisto è dietro l’angolo, non si può improvvisare.
Nonostante tali pensieri, sembrava che niente mi potesse fermare e anche se ero consapevole che dovevo ancora arrivare al famigerato muro dei 30 km, un’energia positiva mi trascinava e mi travolgeva sempre più.

Ma all’improvviso… successe qualcosa nell’ingestione del secondo gel integratore: avevo seguito i tempi che mi ero data per alimentare il corpo e avevo utilizzato prodotti naturali testati in allenamento, nonostante ciò, appena il dolciastro carico di zuccheri arrivò in pancia si scatenò una ribellione di tutto il mio fisico… stavo per ributtare fuori ciò che avevo appena immesso dentro!
Panico e terrore:

“Non è possibile, se do di stomaco ora è finita, la mia gara è finita…”


Eppure no, non poteva chiudersi tutto così: guardai in faccia il pubblico che si stringeva ai lati della strada, le mani tese, gli striscioni sventolati, le bocche sorridenti… non potevo mollare proprio in quel momento.
Con la forza della disperazione riuscii a dialogare con gli spasmi gastrici e piano piano, passo dopo passo, si quietarono da soli.
Ripresi il ritmo, ritrovai la concentrazione e l’ondata di entusiasmo tornò prepotentemente a tenermi viva: sì, ce la potevo ancora fare!
Ad un certo punto in lontananza vidi un videowall su cui erano proiettati gli atleti che passavano.
Mi venne l’idea insana di cercare la telecamera che dava quella inquadratura e di farmi riprendere in primo piano… deviai la mia traiettoria per arrivare fin sotto all’obiettivo, allargando la bocca come per mangiarlo: ero troppo elettrizzata per non farlo!
Appena superata la telecamera attraversai un piccolo traguardo.

Il muro.
Tutti i libri dicono che a questo punto il corpo sperimenta una carenza di glicogeno e un accumulo di fatica tale che le prestazioni dell’atleta si riducono, perché i segnali d’allarme che arrivano dai centri nervosi ripetono disperatamente una sola richiesta: fermarsi.
Un modo per evitare questo effetto è quello di fare scorte di carboidrati, cosa che nel mio caso non era avvenuta in maniera ottimale, viste le difficoltà gastriche.
Eppure… continuavo a sentirmi in ottima forma, cominciavo, sì, a percepire le gambe un po’ rigide e doloranti, ma qualcosa, non so cosa, mi portava a spingere ogni passo sempre più forte: non c’era proprio nessun muro dei 30 km davanti a me!

Chilometro 35: tempo orologio: 2:56:12 –  tempo braccialetto: 2:57:39.

Non ci potevo credere, stavo addirittura accelerando!
Era un sogno, una cosa incredibile, ero così felice che quando vidi un Super Mario sventolare un cartello con scritto “PUSH HERE FOR POWER UP” allargai di nuovo la mia traiettoria per andarlo a schiaffeggiare: “SIIIÌ! ¡VAMOOOOS!”
Saltai gli ultimi ristori perché non volevo fermarmi, non in quel momento, “non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io viva questo sogno…”
Piccola salitella, ultimi “500 metros” e i miei piedi balzarono sulla discesa azzurra, un breve ponte che portava dritto al traguardo sospeso sull’acqua della Città Delle Arti e Delle Scienze.

Tre ore, trentuno minuti e diciassette secondi.

maratona di valencia
Una tapasciona in vacanza

…non avevo idea che un tempo del genere per la mia età fosse qualificante per partecipare ad una delle cosiddette “majors”, le maratone delle città di New York, Boston, Londra, Berlino, Tokyo e Chicago.
Così, solo pochi giorni fa, ho strabuzzato gli occhi quando ho letto un’email a me indirizzata con un invito ufficiale a partecipare alla maratona di Chicago di ottobre 2023!

Che faccio, vado?

1 commento
  • Francesca ha detto:

    La descrizione così appassionata è certamente dovuta all’aver vissuto veramente un magnifico sogno di esplosioni di energia e gioia inarrestabili della durata di tre ore, trentuno minuti e diciassette secondi. Per me lettrice, trascinata in un tumulto di emozioni, il sogno è durato molto meno ma non meno intenso. Grazie Sonia!!!
    Mi raccomando va alla maratona di Chicago e torna a farci sognare.

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